GIORNALISMO CANAGLIESCO

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Nella  cronaca politica dei vecchi media (carta stampata e Tv)  il già  mediocre giornalismo italiano offre  il peggio di sé: se ti fermi ad ascoltare e/o leggere le domande che vengono rivolte ai protagonisti  scelti più per la loro predisposizione a trovarsi di fronte ai microfoni e cercare inviti ai talk show  piuttosto che per la consistenza del loro pensiero,  e  si è scevri da partigianeria – animati da un seppur modesto civismo,  non si può non notarne la carica di insinuazioni  correlate dal costante tentativo di innescare polemiche artificiose e velenose tra appartenenti a diversi schieramenti quasi sempre rappresentati come irrimediabilmente destinati ad azzannarsi per l’osso della “visibilità”. Si tratta del metodo canagliesco/travagliesco che nell’ultimo ventennio ha aggiornato l’antica maledetta contesa tra guelfi e ghibellini, costruendo ed alimentando il sanguinoso conflitto tra partigiani pro o contro Berlusconi. Ora però l’invecchiato ed azzoppato leader  di Forza Italia non “regge” più ai canoni dello spettacolo cruento con cui si sono esercitati ed arricchiti  i professionisti del discredito pubblico ed i sobillatori di pregiudizi. Sta arrivando quindi  il momento di cambiare il setting e trovare una nuova coppia litigiosa su cui innescare una  stagione di acrimoniosi scontri  e velenose polemiche da “cortile Italia”: su chi meglio di Grillo versus Renzi  si può puntare per consentire ai pennivendoli di impaginare battute rancorose trasformate in “scontro politico”, di virgolettare in modo compiaciuto le affermazioni che possono reiterare articoli intrisi di disprezzo nei confronti degli avversari? Ci dobbiamo aspettare – anche per l’imminente scadenza elettorale – una stagione di interviste e pezzi  sanguinolenti, con i quali molti Direttori di giornale cercano disperatamente di frenare il crollo delle copie vendute (due milioni  solo negli ultimi anni)! Eppure la ricchezza,complessità e drammaticità della trasformazione in corso meriterebbero e consentirebbero un sussulto  di orgoglio professionale per un mestiere nobile che pur dovendo esercitarsi nella tinozza dei risentimenti e conflitti esasperati (vedi Rapporto CENSIS 2013) e  della competizione politica  interpretata con aggressività,  mettesse al centro  la profondità dei disagi e delle ragioni di tutti, focalizzandone però la possibile convergenza verso scelte che privilegino gli interessi  generali di un Paese con fondamenta sociali ed istituzionali ancora troppo fragili per sopportare un giornalismo superficiale e fazioso.  Si salvano, ai nostri occhi, alcuni opinionisti che cercano di osservare e valutare le convulse vicende del quadro politico sottraendosi  alla diffusa tentazione della partecipazione settaria e questo loro atteggiamento è reso possibile da un background di competenze specifiche: si tratti di economisti, politologi, storici, ricercatori, essi possono attingere al  bagaglio di una preparazione specifica che li mette in condizione di  interpretare  i fatti e giudicare i  protagonisti della scena pubblica con il distacco e l’imparzialità favoriti dalla conoscenza. E’ la loro presenza  nelle trasmissioni e/o nelle pagine dei giornali   che  rappresenta un fattore di equilibrio e moderazione, indispensabili  nell’attuale temperie in cui alla formazione dell’agenda politica  sono chiamati tutti i soggetti che hanno la responsabilità di occupare uno spazio pubblico: una responsabilità che compete sempre più anche a noi semplici lettori che non sopportano la puzza di carogna che trasuda dalle pagine dei giornali e dai talk show!

 

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