Emergency, Acra, Coopi: il terzo settore si avvicina all’open innovation, all’Ict e ai makers per migliorare la cooperazione
– 5 Novembre 2017 – Il Sole 24 Ore domenica
A Ouagadougou c’è il primo fablab dell’Africa Occidentale. Sorto nel 2011 alla periferia della città, Ouagalab vuole diventare la capitale dell’innovazione portando idee e tecnologie oltre il Burkina Faso. «Per la prima volta ci siamo affidati a un centro di innovazione locale per un progetto che si è concluso con due prototipi» spiega Valeria De Paoli, responsabile dei progetti di sovranità alimentare di Fondazione Acra. Si tratta di un essicatore solare che, modificato con scheda Arduino, consente di mantenere la giusta umidità del chicco di riso, senza che questo si spezzi. Un’innovazione open source e a basso costo che aiuterà i produttori del paese a vendere sul mercato locale, che predilige il riso integro di importazione. L’altro prototipo è una piattaforma web che offre informazioni di supporto ai produttori locali del miele. Ma oltre al prodotto, il progetto Makers4Dev ha sperimentato il processo che ha coinvolto anche due fablab, il milanese WeMake e il torinese Officine Innesto. Attraverso sessioni di co-design tra Italia e Burkina Faso, per 18 mesi il gruppo di lavoro è partito dai bisogni per arrivare alla progettazione e quindi al prototipo. «È stata un’esperienza complessa – aggiunge De Paoli – ma di fatto abbiamo impostato con Ouagalab una collaborazione che sta dando altri frutti, con progettazioni per l’Unione Europea e il Ministero degli Esteri». La cooperazione allo sviluppo non è stata solo sulle soluzioni ma sui processi d’innovazione stessa. L’esperienza – coi relativi prototipi – sarà presentata da domani a Milano in una due giorni all’interno di Innovazione per lo sviluppo, progetto di Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt.
Accanto al filone della fabbricazione digitale, la tendenza maggiore – tra i progetti presentati a questi Open Days dell’Innovazione, a cui contribuisce anche TechSoup – è l’utilizzo dei dati. «L’Onu e le agenzie internazionali stanno accelerando il processo di apertura e di condivisione dei loro dati» spiega Daniela Paolotti di Fondazione Isi, ente non profit che da qualche tempo ha esteso la data science all’ambito sociale e che è partner di Innovazione per lo sviluppo (assieme a Fondazione Acra, Fondazione Politecnico di Milano, Ong 2.0). Fondazione Isi ha appena vinto un bando delle Nazioni Unite per studiare la mobilità delle donne a Santiago del Cile. Dallo studio dei dati telefonici – che sarà condotto assieme a GovLab della New York University, Unicef e Telefonica – si analizzerà il gender gap sulla mobilità. Per fornire future soluzioni in termine di pratiche e policy sulla sicurezza. In Italia Fondazioni Isi cura l’analisi dei dati di Mygrants, piattaforma che accompagna rifugiati e richiedenti asilo dallo sbarco fino all’inserimento nella società attraverso il lavoro e l’impresa. Le analisi predittive – basate sui dati immesse dagli utenti – consentiranno di migliorare l’offerta in termini di formazione e opportunità imprenditoriali, rendendola più personalizzata.
Lavora a tempo pieno sui dati Gnucoop di Milano. Domani presenteranno una piattaforma per la raccolta e l’analisi dei dati sanitari nei campi rifugiati, realizzata per l’Unhcr, una piattaforma webGis – frutto di una collaborazione con Coopi – per la raccolta di dati per la gestione delle emergenze in paesi come Haiti, Guatemala e Perù. Più avanzato il progetto che vuole far fronte alla dispersione scolastica in Burkina Faso, paese dove mancano spesso registri e anagrafe: attraverso il machine learning, una piattaforma consentirà il riconoscimento facciale degli alunni, senza comunque giungere a una identificazione individuale.
Sui dati sta ragionando anche Emergency. «Dal 2010 abbiamo un software gestionale che raccoglie dati anagrafici e informazioni anamnestiche dei pazienti» spiega Andrea Bellardinelli, coordinatore di Programma Italia della ong, che ha finora erogato 270mila prestazioni mediche con poliambulatori e unità mobili. Un patrimonio di dati che potrebbe essere valorizzato dalla collaborazione – allo studio – con Fondazione Isi. «Dai senza fissa dimora nei centri urbani, ai braccianti nelle campagne, abbiamo informazioni che, una volta elaborate, potrebbero essere utili sia dal punto di vista sociologico che sanitario, anche per indirizzare meglio le nostre scelte. Inoltre servirebbero a comunicare con più efficacia e a sfatare alcune bufale come quella per cui i migranti porterebbero malattie».
Altri due filoni significativi sono l’open innovation e Ict fo good. Proprio nell’ambito del progetto Innovazione per lo sviluppo, Fondazione Politecnico di Milano sta costruendo una piattaforma in cui le ong potranno lanciare una richiesta tecnologica per trovare soluzione a un bisogno sul campo. E il mondo degli innovatori (accademici, startupper e imprenditori) potrà accettare la sfida mettendo a disposizione il proprio know how. La piattaforma Co-Open, disponibile nei prossimi mesi, adotta quindi le logiche classiche dell’open innovation. Tra i progetti esposti EnergyCop, una piattaforma non profit costruita con un approccio di condivisione delle conoscenze. L’obiettivo di Coopi è facilitare lo scambio di risorse utili agli attori umanitari, nell’ambito dell’accesso all’energia. More than one perspective è invece un programma austriaco di training avanzato rivolto ai migranti con alte competenze.