«Internet integra il digitale col reale. Sono gli squilibri a deteriorare le relazioni»
Alessandro Longo – Il Sole 24 Ore – 18 ottobre
«Oggi sono le diseguaglianze sociali, in crescita nei Paesi sviluppati, la principale minaccia per il “capitale sociale”». E «internet di per sé è impotente contro questo problema». I nuovi strumenti digitali riescono però a potenziare il capitale sociale quando fondono due dimensioni delle relazioni personali, quella fisica e quella elettronica, «creando qualcosa di diverso da prima: come una lega di due metalli».
Robert Putnam, docente di Politiche pubbliche della Harvard University, è tornato in Italia in occasione della Smart City Exhibition di Bologna, presentando un aggiornamento del proprio concetto di capitale sociale. Nella sua celebre opera del 1993, “Making democracy work: civic traditions in modern Italy” metteva in relazione i livelli di performance delle amministrazioni regionali italiane con il “capitale sociale” di quel territorio. In sociologia il concetto equivale a quel bagaglio di relazioni e di valori che connettono l’individuo nella società. Putnam lo misurava con vari parametri, come il numero di associazioni volontarie sul territorio e la quota di popolazione che legge i giornali.
Adesso, vent’anni dopo, Putnam si interroga sul ruolo del digitale per la formazione di un capitale sociale più o meno buono. «Credo che il dibattito finora sia stato mal posto – sostiene Putnam -. Sbagliano entrambe le fazioni: chi sostiene che internet stia migliorando il capitale sociale e chi teme l’opposto».
«In realtà, la maggior parte delle nostre relazioni sono sia digitali sia fisiche. Parliamo con i nostri amici veri anche via Facebook. Quando mia figlia insegnava nella giungla del Costa Rica, le parlavo via mail. E credo che così ho potuto rafforzare il mio rapporto con lei».
«Le due dimensioni si fondono assieme come una lega di metalli, creandone uno nuovo, più forte. Una relazione solo digitale – un amico di Facebook che non incontriamo mai – è del tutto priva di capitale sociale, invece. È confermato da molti studi, per esempio da uno recente della canadese British Columbia: la nostra felicità è connessa al numero di amici reali che abbiamo, mentre non ha alcuna relazione con il numero di amici di Facebook».
A un certo punto Putnam alza le mani: «Non so davvero prevedere che impatto avrà internet sulle nostre relazioni sociali. E non mi sento in colpa per la mia ignoranza: tutte le previsioni che ci sono state sulle novità tecnologiche – dalle auto al telefono fisso – si sono rivelate sbagliate nel lungo periodo».
«Però sono convinto che due fattori avranno un impatto più di internet, sul capitale sociale: la crescita delle diseguaglianze e della diversità». Quest’ultima, per via delle immigrazioni di massa, «nel breve periodo peggiorerà il capitale sociale, rendendo la gente più sospettosa gli uni con gli altri. Nel lungo periodo, però, arricchirà la società. Anche in questo caso possiamo dire che si formano nuove “leghe”, migliori dei semplici metalli che c’erano prima».
«Il problema è la crescita delle diseguaglianze (il tema alla base del Nobel per l’economia 2015 ad Angus Deaton, ndr). Non vuol dire solo la differenza economica tra ricchi e poveri. Negli Stati Uniti andiamo verso nuove forme di segregazione: i gruppi sociali vivono in modo completamente diverso tra loro, isolati gli uni con gli altri, come descrivo nel mio ultimo libro (“Our kids: the American dream in crisis, uscito quest’anno negli Usa, ndr)». Ma internet, abbattendo le distanze, non ha il potere di avvicinare gruppi sociali diversi? «No, anzi: nel libro noto che la vita delle persone su internet conferma questa segregazione. I diversi gruppi parlano tra loro in network separati. Non si incontrano in discussione, né si contaminano grazie a internet. Dove infatti siamo portati a incontrarci e parlare con persone simili a noi e che la pensano nello stesso modo».
«Vale il principio già detto: internet facilita la circolazione di informazioni, ma non è condizione sufficiente per creare relazioni vere. Quelle in grado di arricchire il capitale sociale, abbattendo i muri della diversità». «Servono altri fattori che diano un motivo alle persone a stringere relazioni. Solo a questo punto internet si presenterà come uno strumento utile per fare da ponte». È una condizione facilitante, non l’arma finale per proteggere il capitale sociale dai pericoli che arrivano dalle crescenti diseguaglianze .